A Bari può succedere di essere in anticipo e perdere il treno? Si, se parti la prima domenica di agosto nel tardo pomeriggio di una giornata rovente in un quartiere deserto. Chiami il radiotaxi, che per mezz’ora ti metterà in attesa, e per ben 4 volte ti annuncerà con risposta automatica: “Non ci sono taxi disponibili”, interrompendo poi la linea e lasciandoti a piedi.
Sentendoti come sulla storica strada statunitense Route 66 a mezzanotte, con il vuoto attorno e qualche sguardo maschile inaffidabile, ti ostini e richiami in azione coattiva. Pur abitando accanto al Policlinico, tra i più importanti ospedali della regione che ha anche una fermata Taxi, di “tassì” neanche l’ombra. E già dalla seconda chiamata appare chiaro che l’attesa sarebbe stata lunga.
Con valigia e zaino pesanti raggiungo la piazza del Policlinico, nella speranza di trovare una vettura disponibile trattandosi di una posizione strategica: niente, tentativo fallito.
A nulla serve anche affidarsi al centralinista del radiotaxi, che se pur gentile, non ha il compito di prodigarsi e garantire il buon esito del servizio. Dall’altro capo del telefono sembrava fosse in un’altra città con quel suo accento del Nord; probabile lo fosse, viste le nuove gestioni delle società radiotaxi tra i tanti motivi per cui molti taxisti baresi protestano.
Alle mie domande sul perché di questa lunga attesa, l’operatore del radiotaxi non solo non risponde, ma si percepisce la sua totale estraneità riguardo all’eventuale esistenza di un piano per rendere efficiente il servizio a Bari. Una “Città vuota”, parafrasando un noto pezzo di Mina.
A pochi minuti dalla partenza del treno, stremata, alzo il tono di voce; del resto ero alla quarta chiamata. Mi sento rispondere: “Signora, doveva prenotarlo il taxi!”. Messa in attesa, arriva la soluzione: “Taxi in arrivo… in 5 minuti”.
Consapevole che ormai fosse una corsa contro il tempo, accetto e spero in un eventuale ritardo del treno. Poi, come oasi nel deserto sfocata dall’afa, ecco l’arrivo del tanto desiderato taxi: si parte.
Chiedo subito al tassista: “Ma siete tutti in ferie? Ci sono molte richieste per un alto numero di arrivi e partenze? Molti turisti? Vi concentrano tutti su stazione e aeroporto?”. Il tassista, con aria sorpresa, risponde: “No signora, è tutto regolare, invariato, perché?!”. Replico: “Non credo proprio visto che è mezz’ora che aspetto e sto per perdere il treno”.
Chiedo di fare in fretta e di percorrere il tragitto più breve nonostante le strade fossero tutte deserte. Ma su viale Salandra i semafori sono tutti rossi e le attese lunghissime. “Dottoressa (non più signora), faccia un articolo sul problema di questi semafori impostati male e non sul servizio taxi”. Eh sì, appena entrata in auto, dopo le domande a raffica, l’autista mi chiede: “Ma fa la giornalista? A Bari in vacanza?”. “I giornalisti non vanno mai in vacanza“, replico stizzita.
Ormai, il pensiero ricorrente era: “sto per perdere il treno”. Intanto con il cellulare cercavo le partenze successive per Lecce.
Una volta in stazione, per la fretta, non guardo come faccio di solito il tassametro. Ho la sensazione che mi chieda una tariffa più alta di quella consueta. Era tardi e non discuto. Non chiedo neanche se avesse il Pos. Pago in contanti, ma non ha da darmi il resto… “Lo tenga come mancia“.
Ho davvero fretta. Appesa all’ultima speranza, mi precipito al binario: vuoto. Ho perso il treno! Cambio il biglietto e prendo quello successivo, più costoso e già in ritardo. E penso: “Non è più un viaggio, ma un’Odissea“.
Finalmente arrivo alla stazione di Lecce. Lì dove si ferma il treno non esiste un ascensore. Il sottopassaggio non ha scale mobili e il tragitto per guadagnarsi l’uscita è lungo. E’ faticoso da percorrere se hai valigie pesanti con te e non hai un aiuto.
Il personale in stazione non lascia spazio alla speranza e ti informa subito che a Lecce non c’è alcun servizio di “facchinaggio”; garantito invece ai disabili. Ma per questi ultimi è più un servizio di accoglienza vera e propria. Però, a chi ne ha bisogno, un capotreno indica uno straniero che si presta ad aiutare le signore e chiunque abbia da gestire tanti bagagli. Se è libero, ti aiuta in cambio di una mancia.
Sto per lasciarmi la stazione alle spalle e per fortuna la mia “Odissea” termina qui.
Fuori c’è qualcuno che mi aspetta per accompagnarmi in un paesino vicino a Gallipoli, ma se avessi dovuto affidarmi alle Ferrovie dello Stato, non sarebbe stato facile arrivare a destinazione, anzi. Gli ultimi treni delle Ferrovie Sud Est per raggiungere il basso Salento sono da tabella alle: 20:35 Gagliano e 21:12 Gallipoli.
Mi guardo attorno e vedo felice tanti turisti giunti da Milano e Roma. Guardando meglio mi accorgo che vagavano in stazione spaesati. E ancora di più dopo un annuncio diramato a gran voce: “Cancellazione del treno per Gallipoli. Invitiamo i signori viaggiatori a utilizzare il servizio sostitutivo con autobus in partenza alla fermata Ferrovie Sud Est in via Don Bosco”.
Benvenuti in Salento.