“C’è ancora domani” per Roma e il Testaccio

È il film del momento “C’è ancora domani”. L’opera prima sorprendente dell’attrice Paola Cortellesi ora dietro la macchina da presa.

Campione di incassi al box office ha aperto e stravinto alla Festa del cinema di Roma. Una storia che convince e mette d’accordo tutti, ambientata nel dopoguerra che rappresenta una ‘quotidianità’ violata, non urlata, ma vissuta e condivisa e troppo spesso ignorata. Un Neorealismo rivisitato in un bianco e nero, forse troppo definito dalla contemporaneità, senza quei grigi necessari che delineano la complessità di un personaggio nella vita e sul grande schermo.

La Cortellesi è Delia, madre di famiglia, vittima di violenza domestica, condannata a subire perché quello è il ruolo che la società del dopoguerra le ha riservato. Priva di diritti, invisibile. Non eroina, non combattente, ma donna muta, paziente, rinunciataria eppure imprevedibile. Impegnata a riconquistare dignità per sé stessa e per sua figlia. E lo fa in una Roma verace e autentica che è il quartiere Testaccio dove in via Bodoni sono stati girati gli esterni.

Un lavoro di ambientazione attento grazie alla scenografa Paola Comencini che, come si evince anche dagli interni ricostruiti negli studi di Cinecittà, ha cercato di riportare il pubblico nel dopoguerra.

Delia si aggira per le strade del quartiere: riconoscibile il Lungotevere Testaccio e il Nuovo Mercato che per esigenze storiche è stato riconvertito in un vecchio mercato d’epoca. Da sempre vera anima di Roma i mercati, luogo di scambio non solo di merce, ma anche di condivisione di sapori, novità e leggerezza.

Ancora oggi quel mercato è uno delle tante attrattive della città con i suoi oltre 100 banchi di prodotti freschi e gourmet. Un polo gastronomico importante nella capitale che sperimenta e incanta. Una struttura dal gusto minimale e contemporaneo coperto da un tetto di vetro, luminoso, in cui il rigore geometrico, il bianco e la pulizia delle linee creano un piacevole contrasto con i colori delle merci e la vivacità dei banchi.

Il Nuovo Mercato fu costruito sopra un antico horreum, un magazzino di stoccaggio di epoca romana, che ancora conserva centinaia di anfore e reperti nei sotterranei. I famosi resti di creta, scartati e accumulati nei secoli sul Monte dei Cocci, che ha dato per questo vita al quartiere. La tipicità di questa caratteristica zona popolare sono proprio queste grotte. Una zona nata dall’accumulo di cocci. Grotte oggi trasformate in locali, bar, trattorie tipiche e innovative. Un luogo che offre al turista gioia e allegria dove la cucina romana del popolo è a base di frattaglie.

Un richiamo evidente al vicino ex Mattatoio, adibito alla macellazione e distribuzione delle carni fino al 1975. Fu costruito fra il 1888 e 1891 da Gioacchino Ersoch. Un esempio importante di archeologia industriale, ex birrificio, che è stato dopo il restauro sede per anni del Macro, il Museo d’arte contemporanea.

Oggi, con una nuova gestione, il Museo propone ancora mostre ed eventi di arte contemporanea sperimentale. Un quartiere reinventato da non perdere.

Un’altra attrattiva del Testaccio è la Città dell’Altra Economia, luogo in cui si incrociano: cultura, economia, comunità. Uno dei primi spazi in Europa che coltiva il concetto di equa distribuzione del valore, senza perseguire profitto e crescita a ogni costo che mette al centro l’uomo e l’ambiente.

Da visitare anche la Piramide Cestia, tomba del politico romano Gaio Cestio Epulone in stile egizio adiacente la Porta San Paolo e la Chiesa di Santa Maria Liberatrice. Un’altra meta turistica è il Cimitero Acattolico o cimitero degli inglesi o degli artisti o dei poeti, costruito tra il XVIII e il XIX secolo. Qui sono sepolti i poeti inglesi J. Keats e P.B. Shelley, lo scrittore tedesco Goethe e il politico italiano Antonio Gramsci oltre al recente scrittore italiano Andrea Camilleri.

Per i turisti più esigenti in cerca di gioielli di creatività nascosta una tappa d’incanto è il Teatro di Documenti, scavato nei cocci e costruito da Luciano Damiani, uno degli scenografi più importanti e innovativi del Novecento, a lungo a fianco di Giorgio Strehler e poi Luca Ronconi. Dopo una lunga carriera nei principali teatri di prosa e di lirica del mondo, lo scenografo bolognese ha deciso di creare a Roma, dove viveva, uno spazio che potesse esprimere la sua idea di teatro democratico e popolare. Un’unità strutturale tra spazio della scena, spazio del pubblico e spazio degli attori, annullando la tradizionale separazione tra palco e platea, e disintegrando così il dualismo dietro le quinte/davanti le quinte. Uno spazio che, senza rinnegare il passato e la tradizione, è divento il teatro che prima non esisteva.

Tornando alla storia del film, tra affanni, frustrazioni, strategie e pulsioni, Delia brilla in contrapposizione a una società patriarcale con uomini grevi e gretti, che si ripetono nelle diverse generazioni proponendo sempre il solito modello, reduci da una dittatura che aveva come fiore all’occhiello il machismo.

Eppure è un’Italia che ha ricostruito e ha creato, dal bisogno. una democrazia in città ridotte a macerie. Figlia di quella ‘città aperta’ che è Roma, che ritorna protagonista come fu per i grandi maestri italiani del cinema come Rossellini, Fellini, Scola.