Alla fine è successo: a giugno, ormai iniziato da una settimana, il comparto extralberghiero d’Italia mostra gravi segni di difficoltà e insofferenza.
E’ Chiara a lanciare l’allarme su un gruppo Facebook che riunisce chi si serve delle Ota, on line travel agencies, per riempire stanze e appartamenti. Scrive: “Booking già è un mese che non mi trova prenotazioni… Voi che ne pensate?”.
Le repliche non si fanno attendere: stanze vuote da Nord a Sud d’Italia. E la risposta più esauriente la fornisce Federico: “Il mercato è stra saturo, gli ospiti ormai non prenotano più con largo anticipo: uno per i prezzi: due perché c’è così tanta disponibilità che un posto dove dormire si troverà sempre: tre c’è la variabile meteo. Per non parlare dei prezzi di certi voli; specialmente gli intercontinentali”.
Letizia lamenta lo “zero assoluto” di prenotazioni. Laura, dalla Sicilia, attribuisce il calo alle tariffe non rimborsabili. Alessandra alle nuove strutture che si propongono on line. Luck, dalla riviera Sud di Pescara, afferma che “non si muove una foglia”. “Unica prenotazione a luglio – aggiunge – e le altre cancellate”.
Insomma, un po’ tutti nei guai. Soprattutto se si sono affrontate spese di ristrutturazione per adeguare le seconde case, o quelle ereditare da nonni e zii, a strutture extralberghiere.
“Mal comune mezzo gaudio”, direbbe qualcuno, ma il famoso detto, in questo caso, è tutt’altro che consolatorio. E fa irrigidire chi si sente dire dal leone da tastiera di turno: “Abbassate i prezzi!”.
“Ma lo sai quali sono i costi fissi di una stanza? – replica Maria – Di lavanderia, pulizia, consumi, kit cortesia, una stanza non mi costa meno di 30 euro al giorno. E poi ci sono le tasse da pagare…”.
Una affermazione che mette un po’ tutti d’accordo. E infine parte la domanda: “Ma come si fa a vendere una stanza a 50 euro a notte”?
Una domanda che rimane senza risposta. O meglio: si ipotizza che solo chi lavora a nero può permettersi queste tariffe. E lì comincia la querelle sugli “abusivi” e sul Cin: codice di identificazione nazionale obbligatorio, se si vuole fare accoglienza turistica nelle proprie case, introdotto proprio per “stanare” chi lavora senza scrupoli e autorizzazioni.
Chi è arrivato a leggere fin qui un’idea se la sarà fatta: in Italia ormai di turismo non si vive più. Perché? Le motivazioni, in parte, sono quelle elencate. Poi le normative in vigore non aiutano l’imprenditoria e men che meno quella familiare che affitta con cedolare secca dal 21 al 26% se si hanno seconde e terze case. E a eccezione dei B&B che propongono tariffe con colazione, il divieto a case vacanza, locazioni turistiche, affitta camere, di offrire servizi aggiuntivi (colazione, cene, massaggi, ecc) impedisce di avere un’altra fonte di guadagno.
La stagione 2024 deve ancora cominciare, nel senso tradizionale del termine. Ma la sofferenza espressa da più parti deve fare riflettere: lo Stato, in primis, ma anche le varie associazioni sorte a tutela del comparto extralberghiero cadute nel più totale silenzio e immobilismo. Associazioni che chiedono controlli per stanare gli abusivi, patentini per formazione obbligatoria agli host, ma poi dove è finita la volontà di sedersi ai tavoli delle istituzioni per denunciare quanto sta accadendo?
Il bel Paese ormai vanta di avere centinaia di migliaia di posti letto, ma ora occupati da “turismo fantasma”; conseguenza di buste paga sempre più leggere, del caro carburanti e di una impennata di aumenti di generi di prima necessità. Scelte che non aiutano l’economia: l’affossano.