
Si sono riaccese oggi, al compimento del 13°anno, le ciminiere del Nuovo Forno del Pane, sede del MAMbo, il museo d’arte moderna di Bologna. La Fase 2 del Covid19 vedrà la cultura come motore della città per rispondere e affrancarsi dalla crisi.
Un progetto che guarda agli esempi europei virtuosi quali l’esperienza di Berlino dei primi anni ’90 che, attraverso la rinascita di edifici abbandonati e aree dismesse come officine di produzione e sperimentazione artistica divenne epicentro di una scena culturale tra le più vivaci al mondo.
Nel caso del MAMbo, sarà un edificio storico sede museale, tra i candidati a diventare Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, ad aprirsi come laboratorio di sperimentazione, fucina di nuove opere e luogo di progettualità.
Con Nuovo Forno del Pane il Comune di Bologna, l’Istituzione Bologna Musei e il MAMbo si mobilitano assumendo un ruolo di maggiore responsabilità sociale a sostegno di categorie particolarmente colpite dalla crisi legata alla pandemia: artisti, fotografi, designer, registi e creativi in genere, che nel museo hanno sempre visto un punto di riferimento con il quale confrontarsi nell’ambito delle loro pratiche, vi troveranno uno spazio di lavoro formando una vera e propria comunità creativa.
La programmazione espositiva sarà parzialmente e temporaneamente interrotta per dare un luogo di lavoro agli artisti del territorio che ne abbiano bisogno per ripartire.
Oltre a un maggiore spazio espositivo, il MAMbo ora si propone come spazio di produzione a servizio della comunità creativa del territorio. L’arte diventa “pane per la mente” e il museo si trasforma in “forno” incubatore della creatività. Uno spazio che Bologna offre ai suoi artisti per ripartire, per rinascere, dopo l’emergenza planetaria del Covid19.
“Un hub di creatività che edificherà le basi del sistema museale”, ha sostenuto Matteo Lepore, l’assessore comunale al Turismo e Cultura durante l’incontro di presentazione del Nuovo forno del pane.
Un contenitore pubblico che diventerà la casa per artisti e creativi. MAMbo “come luogo aperto alla città e ora al mondo in una fase in cui le frontiere sono chiuse e le persone non possono viaggiare da una regione all’altra”, ha aggiunto Lepore.
Una città che anche grazie al MAMbo ha visto tornare a vivere gli artisti a Bologna.
“Ci siamo trovati a dovere definire come rimodulare e utilizzare spazi per mostre temporanee”, ha detto Lorenzo Balbi direttore del MAMbo.
E’ ancora in definizione il numero degli artisti che il centro potrà ospitare. A loro sarà data la possibilità di lavorare sino a fine 2020. Uno spazio espositivo, quello museale, a disposizione della comunità creativa di Bologna al cui interno si daranno vita a laboratori: falegnameria, camera oscura, studio di montaggio, attivando collaborazioni con diversi partner per sfruttare collaborazioni eccellenti col mondo della cultura.
Un progetto che si svilupperà con una open call rivolta agli artisti domiciliati a Bologna e un museo inteso come raccordo e concentrazione di capacità da mettere al servizio degli artisti presenti e di tutta la comunità artistica della città.
Nel Nuovo forno del pane ci saranno attività per favorire l’autoformazione continua.
Fare arte sarà l’obiettivo rimario del museo e usando i suoi laboratori per produrre oggetti e nuove metodologie per la didattica coinvolgendo le scuole.
“Abbiamo voglia di metterci in discussione e di ripartire con metodi nuovi. Diventare un modello. Un Progetto ambizioso, visionario, che produce un cambiamento di rotta per il museo”, ha aggiunto Balbi.
Anche sul piano delle nuove acquisizioni, la trasformazione del MAMbo da luogo di esposizione e valorizzazione di collezioni esistenti a luogo di produzione potrà avere positive ricadute sulla possibilità di incrementare il patrimonio: se da un lato gli artisti emergenti potranno avere un spazio in cui produrre nuove opere da immettere nel mercato dell’arte, dall’altra, in una seconda fase del progetto, gli artisti “senior”, già dotati di studio in cui lavorare, potranno presentare dei progetti per opere da realizzare usando i laboratori del Nuovo Forno del Pane, destinati ad essere acquisite tramite fondi pubblici o di privati sensibilizzati a nuove forme di mecenatismo.