Turismo, Fare ricorre al Tar e il self check-in torna “legale”

“Insieme di può Fare”. E’ lo slogan di Fare, la federazione nazionale delle associazioni ricettività extralberghiere e mai come oggi l’affermazione contiene anche il sapore della vittoria del comparto:
il Tar Lazio dichiara illegittima la circolare del Ministero dell’Interno, che imponeva l’identificazione fisica degli ospiti nelle strutture ricettive. Accolto, quindi, il ricorso presentato da Fare che ha raccolto e gestito, in questi mesi, i mal di pancia degli extralberghieri.

Nelle motivazioni, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha ritenuto la circolare «contrastante» con la riforma del 2011 e «non sufficientemente giustificata».

Il Tar ha riconosciuto che l’identificazione de visu non è prevista dall’art. 109 del TULPS; la misura era sproporzionata e non giustificata da necessità reali; la circolare violava i principi di legalità e parità di trattamento; l’onere imposto era eccessivo e dannoso soprattutto per il settore extralberghiero, che non dispone delle stesse risorse strutturali delle grandi strutture alberghiere.

«La sentenza conferma ciò che Fare sostiene da sempre: la sicurezza non può essere una scusa per rallentare l’evoluzione del settore e caricare di responsabilità improprie chi lavora nel rispetto della legge», dichiara Elia Rosciano, presidente della Federazione nazionale.

Il provvedimento impugnato, risalente al 18 novembre 2024, obbligava i gestori a identificare fisicamente gli ospiti; un obbligo non previsto dalla legge e in contrasto con la riforma del 2011 che aveva già semplificato le procedure di registrazione. E va da sé: con l’intervento di Fare, proprietari e gestori di ogni tipologia di struttura extralberghiera o locazioni turistiche potranno di nuovo ricorrere all’uso delle keybox, quelle cassette che somigliano a piccole casseforti custodi delle chiavi per entrare in ville, trulli, masserie o appartamenti.

Con questa sentenza, Fare ribadisce il suo ruolo di rappresentanza del comparto extralberghiero, a tutela della legalità, dell’innovazione e della competitività. «Non ci siamo mai opposti alle regole – prosegue Rosciano – ma solo alle regole sbagliate. Le regole servono, ma devono essere adeguate ai tempi moderni, alle sfide che ci attendono, per rendere il turismo italiano sempre più attraente e competitivo sul mercato internazionale. Oggi possiamo dire che la giustizia ci ha dato ragione»