Il nome di Alessandro Marras non è nuovo nel mondo dello spettacolo ed è tra i travel blogger più influenti d’Italia. Lui, però, a differenza di altri non si è fermato al mondo dei viaggi diventando influencer nel mondo della moda. Gli abbiamo chiedo del dopo Covid e di una cosa è certo: la pandemia ha cambiato i nostri modi di essere e di fare inoculando la paura del contatto con l’altro. Ma la paura, la rinuncia a viaggiare, è una non vita. Come dargli torto?
Alessandro Marras nasce come animatore di villaggi turistici, ma poi si forma all’Accademia di spettacolo Corrado Pani, diretta da Claudio e Pino Insegno, iniziando a collaborare come assistente regista per diversi documentari di Rai 3 costruiti per “Alle Falde del Kilimangiaro”. Da qui cresce la passione per i viaggi e l’intuizione di aprire il canale Youtube “I viaggi di Ale”. L’impegno sui social è poi diventato costante e di riferimento per agenzie di comunicazione di grossi brand del mondo del travel e del fashion.
Alessandro Marras, come molti suoi colleghi, ha dovuto rinunciare a progetti di viaggio. Ora siamo alla Fase 2, ma i tempi della ripresa dei flussi turistici non sembrano vicini.
Alessandro, in pausa forzata come tutti e lontano dai viaggi, come ti sei difeso durante il lockdown?
“Se guardiamo ai microsettori, quelli del mondo del web e dei social media, il segmento del travel è stato il più colpito; poi ognuno ha la propria storia e la propria via e ci si può inventare o reinventare portando a 360 gradi il proprio business guardando al fashion, al food, al lifestyle. Il momento ha creato problemi anche alle agenzie di comunicazione, ma è stato possibile lavorare attraverso iniziative di solidarietà avendo brand come partner”.
Quindi, a differenza di altri tuoi colleghi, diversificando i tuoi interessi, hai continuato a lavorare?
“Sì, è stata una scelta. In passato come travel blogger non si guadagnava. Allora mi sono chiesto: ‘Cosa porta guadagni’? Il fashion. Così mi sono creato lo zoccolo duro sul travel e ho investito nel campo della moda; poi in quel periodo ero fidanzato con una fashion blogger e abbiamo unito i contatti moda-viaggi creando la macchina travel-fashion che poi si è espansa come lifestyle che prende un po’ tutto”.
Quali dovrebbero essere, dal tuo punto di vista, le priorità per favorire la ripresa del turismo?
“In questo periodo mi sono confrontato con tanti responsabili di enti turismo di tutto il mondo con i quali avevamo tanti progetti in programma che sono slittati e non si sa ancora quando potranno essere portati a compimento. Quello che vedo è una ripartenza forte sull’Italia. Adesso è come se fossimo stati catapultati agli anni ’60 con il boom dei viaggi domestici. Prevedo un’estate molto italiana con tutti i limiti della crisi; ci sono persone che hanno risentito un calo importante delle entrate che con molta probabilità non avranno margini per concedersi una vacanza. A ogni modo, credo che le due parole chiave a breve e medio termine siano: Italia e turismo non massificato”.
E’ stato coniato l’hashtag #ripartiamodallitalia. Tu pensi di investire in questa direzione e quali le zone da privilegiare?
“Accoglierò le proposte che mi saranno fatte. Probabilmente l’Italia sarà il mio campo di battaglia nel post Covid. Io sono nato a Bolzano, bellissima d’inverno durante i mercatini di Natale, ma anche d’estate. E’ bellissima anche la Sardegna, la Puglia. L’Italia è conosciuta per essere la regina del turismo a 360 gradi. Ogni regione avrà tantissimo spazio per il turismo interno, ma vedo anche un ritorno a un turismo elitario. Per me si andrà verso la ricerca di un turismo di qualità”.
Nonostante sia stato diffuso in bozza, soggetto all’approvazione e modifiche degli esperti del Governo e delle Regioni, il protocollo di pulizia e sanificazione delle stanze di hotel. Da viaggiatore cosa ti aspetti venga fatto affinché l’accoglienza sia davvero sicura?
“Ci sono due chiavi di lettura. Io sono quello che durante il periodo di un’altra grande crisi del turismo, ai tempi dell’Isis e del terrorismo, è sempre stato un ariete a favore della linea della non paura. In quegli anni ho lavorato con tutti gli enti turismo di diverse nazioni e ho sempre dato messaggi finalizzati a incutere sicurezza nel viaggiare. Ora io non sono un tecnico di sanificazione e non sono un medico. E per il dopo Covid, quello che posso continuare a fare è dare un messaggio di positività. Non si deve avere paura di viaggiare perdendo mesi e anni di vita a causa di una male che c’è, ma non deve rappresentare una limitazione al vivere. Certo, mi aspetto un’assunzione di responsabilità e di professionalità da parte di tutti. Dico sempre: ‘less is more’, poco, ma di qualità ed è ciò che mi aspetto. Certo, la paura degli attacchi terroristici erano più gestibili. Ora si teme la vicinanza dell’altro”.
Questo inizio anno è stato di grandi trasformazioni della società
“In questi mesi le persone sono cambiate e non vorrei che questo tempo abbia inciso in modo determinante sulle menti delle persone e sui modi di essere e di fare. E’ indubbiamente un momento sociale importante. Rispetto al mondo del travel, penso che il ruolo dei blogger ora sia fondamentale perché contribuiscono a fare passare un messaggio di serenità e di fiducia nel ritornare al viaggio. Psicologicamente la gente è provata e ha paura. Una paura tremenda a incontrare le persone e figuriamoci a viaggiare. Credo che i travel blogger debbano contribuire a favorire un ritorno alla serenità infondendo fiducia attraverso le loro immagini. Serve restituire fiducia a fare una cosa normale fino a pochi mesi fa: viaggiare. Il mondo esiste ancora ed è ancora più bello”.