“L’antico Caffè Greco continuerà ad avere una lunga vita” lo assicura l’Ospedale Israelitico, proprietario delle mura dello storico caffè-museo di via Condotti a Roma. Fondato nel 1760, ha avuto il suo splendore nel pieno Romanticismo, in cui fu denominato Il caffè tedesco perché frequentato da intellettuali e artisti in Gran tour in Italia dalla Germania come Goethe, Thomas Mann. Un luogo di pace in cui tutto il mondo si incontrava per poi ritrovarsi rivali in battaglia.

Del vate Gabriele D’Annunzio si conserva un papillon. Divani, arazzi, quadri e tante altre tracce lasciate da De Chirico, Melville, Carlo Levi, Ennio Flaiano e tanti altri. Eppure tanta memoria e tanto lustro non sono stati sufficienti per salvaguardarlo dalla lunga tempesta amministrativa degli ultimi anni. Il 22 giugno l’ufficiale giudiziario potrebbe presentarsi all’ingresso per apporre i sigilli per sfratto a cui si sono opposti i gestori, la famiglia Pellegrini. La proprietà delle mura è dell’Ospedale Israelitico di Roma che rassicura che non ci sarà un cambio di destinazione, ma solo di gestione. “Non permetteremo mai la chiusura di un bene culturale come l’Antico Caffè Greco” scrivono in una nota.

Eppure esiste un contenzioso tra le due parti, che dura dal 2017, data in cui è scaduto il contratto d’affitto e da allora non è mai stato raggiunto un nuovo accordo che rimoduli il canone sui prezzi di mercato. Nel 2019 la prima minaccia di sfratto esecutivo poi rinviato. Secondo Carlo Pellegrini l’Ospedale non intende accettare il dettato costituzionale per cui un bene di pubblico interesse, anche se di proprietà privata, comporta il sottostare a determinate limitazioni. Le opere d’arte e i preziosi arredi del valore complessivo di 14 milioni e 400 mila euro non possono essere spostati e la licenza d’esercizio è tutelata da un vincolo del ministero dei Beni Culturali del 1953. Il marchio, inoltre, varrebbe altri 9 milioni e mezzo di euro. Il rischio in futuro è che i beni non siano più accessibili al pubblico. Per questo motivo c’è stata una mobilitazione corale di sostegno, dal sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi al senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri all’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno.

Non si può privare il mondo di un patrimonio d’arte, di aromi e gusto. Proprio qui chi passa ogni giorno può sorseggiare la bevanda più rappresentativa d’Italia, il caffè. Importata dal Medio Oriente, furono i turchi e i greci a portarla a Roma. Ellenico infatti era Nicola Della Maddalena che aprì questo caffè forse anche prima del 1760. Si è fissata questa data perché in quell’anno ci fu il censimento, ma era già stato citato nelle memorie di Casanova, un caffè in via della Condotta che si presume fosse appunto il Caffè Greco. La sua unica peculiarità è sempre stata la vocazione a distinguersi per la qualità. Tra i pochi posti in cui viene servito ancora il caffè con 9 grammi e non 7, perciò più intenso. Quando nella storia era diventato difficile da reperire e molto costoso, fu proprio il Caffè Greco a utilizzare una tazza più piccola pur di non sostituirlo con surrogati quali l’orzo e la cicoria.

L’ Ospedale israelitico oltre a respingere le accuse di speculazione essendo “patrimonio di sanità pubblica” così scrive nella stessa nota, assicura che “la Città, i romani ed i suoi turisti potranno continuare a prendere il loro caffè all’interno dell’Antico Caffè Greco per i prossimi secoli”.

Nella speranza di una continuità, almeno per le prossime due settimane certe, chi è di passaggio a Roma non può perdersi questa tappa, sul cui palazzo si può notare una targa su Carlo Goldoni. Accolti nella sala Rossa e nell’antica sala Omnibus che ricorda una carrozza collettiva dalla forma allungata, perché in realtà prima era un cortile coperto con un lucernario che ancora esiste.