Turismo in Italia con il mal di pancia di fine anno tra abusivismo ricettivo e tassa di soggiorno triplicata. Così da un lato Airbnb deve riscuotere e versare allo Stato italiano la cedolare secca sugli affitti brevi; lo impone una sentenza di poche ore fa della Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiudendo la vertenza iniziata nel 2017. Dall’altro, si moltiplica il peso della tassa di soggiorno arrivando a costare ben 10 euro al giorno a persona nelle città che, in base alle ultime rilevazioni, abbiano avuto presenze turistiche venti volte superiori a quelle dei residenti. Importi che potrebbero scoraggiare i turisti dallo scegliere le mete dove la tassa di soggiorno andrebbe a incidere in modo rilevante sul bilancio familiare.
Così, tra abusivismo ricettivo e tassa di soggiorno alle stelle, Federalberghi e Federturismo – Confindustria si fanno sentire.
Per fare un esempio, Airbnb ha pubblicato per Bari ben 1.886 annunci nel 2022 con un notevole impatto economico sulla città (+60% rispetto al 2018), secondo una rilevazione del Centro Studi di Federalberghi. Per l’economia turistica della città, questi numeri non hanno portato posti di lavoro, registrando, di contro, un consistente mancato gettito Iva, evasione fiscale (Irpef, Tarsu, canone Rai, ecc.), concorrenza sleale e turbativa di mercato.
A fronte di una situazione che registra un’incidenza dell’abusivismo ricettivo di oltre l’80% sull’intera economia turistica cittadina, il Comune di Bari non ha altra risposta che annunciare l’imposizione della tassa di soggiorno, a partire dalla primavera prossima. Una decisione iniqua e poco opportuna che penalizzerà le strutture alberghiere ed extralberghiere legali, provocando degli effetti distorsivi sull’economia turistica della città. Sarà molto difficile, inoltre, recuperare la tassa di soggiorno da chi soggiornerà nel variegato segmento
degli affitti brevi come Airbnb e altri.
Con una proiezione sull’intero territorio della Puglia, nel 2022 Airbnb ha pubblicato 41.573 annunci, con l’immissione sul mercato di più di 170.000 camere che hanno prodotto il fatturato maggioritario (50/60%) dell’intera economia turistica pugliese.
«Le rilevazioni del nostro Centro Studi – dichiara Francesco Caizzi, vice presidente nazionale e leader barese e pugliese della Federalberghi – confermano ancora una volta che Airbnb e compagni non sono le anime candide autori dei trend turistici alla moda ma generatori di fatturati miliardari che sfuggono in larga parte all’area della legalità. Oggi è arrivata una sentenza importante dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che impone al colosso mondiale dell’affitto breve di riscuotere e versare alla Stato italiano la cedolare secca (21%) su ogni prenotazione online. Ritengo che questa pronuncia sia un passo in avanti verso la trasparenza e il contrasto all’evasione fiscale. Non posso, però, non sottolineare che i dati pubblicati siano vergognosi e ci riportino a un’amara realtà, quella di un segmento importante per Bari e la Puglia che subisce la piaga dell’abusivismo ricettivo».
«I dati della Federalberghi – conclude il leader degli albergatori baresi e pugliesi – mettono a nudo le bugie dell’house sharing che da fenomeno di costume si è trasformato in vero e proprio segmento economico alternativo nel turismo della Puglia, provocando concorrenza sleale e distorsione del mercato. Nel 2022 Airbnb ha pubblicato 41.573 annunci, con l’immissione sul mercato di più di 170.000 camere che hanno prodotto il fatturato maggioritario (50/60%) dell’intera economia turistica pugliese».
Quanto all’aumento della tassa di soggiorno, commenta Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria: «In un momento così delicato in cui il turismo, finalmente dopo oltre due anni di restrizioni, stava ripartendo ci lascia sorpresi la tempistica di un emendamento alla Manovra, a firma PD, in materia di imposta di soggiorno approvato in Commissione Bilancio. È un provvedimento che in una fase di riavvio del turismo rischia di compromettere il delicato recupero di destinazioni che stavano appena rialzando la testa, di caricare di ulteriori costi i turisti e di burocrazia gli albergatori».
«I Comuni – prosegue Lalli – non possono pensare di continuare a far cassa a colpi di tasse che colpiranno la fascia di turisti che pernotta nelle strutture ricettive e che non toccherà invece quella enorme platea di soggetti che a vario titolo e non sempre legalmente, offre alloggio nelle destinazioni turistiche».
E l’aumento della tassa di soggiorno sembra vanificare ogni richiesta di ascolto da parte del mondo della ricettività turistica.
Dopo due anni di pandemia tutte le strutture, alberghiere ed extralberghiere, hanno dovuto fare i conti con le perdite registrate a seguito del blocco dei flussi turistici e subito dopo con il caro energia. E per quanto il 2022 si sia concluso con evidenti segni di ripresa, i ricavi non hanno coperto i debiti accumulati dagli imprenditori prodotti dalle spese della ripartenza.
E’ opportuno ricordare che Chianciano, durante i lavori degli Stati generali del turismo ai quali non ha partecipato il neo ministro al Turismo del governo Meloni, era stata chiesta la rimodulazione del Pnnr e dell’accesso al credito. Si era fatto anche appello affinché cambiasse la visione di impresa turistica. Alberghi da non considerarsi più come beni di lusso, ma strumentali. Imprenditori che, dalla tre giorni in Toscana, avevano chiesto una differente fiscalità relativa a Imu e Tari. Albergatori, e tutto il comparto della ricettività turistica, che a Chianciano, avevano ribadito la necessità di dialogo e risposte da parte della politica. Appelli inascoltati e risposte non date.